mercoledì 4 novembre 2020

La Montagna

Adoro la montagna. Mi piace in ogni stagione, perchè ha sempre qualcosa da dare, si mette in mostra, ma non lo fa con sfrontatezza o per narcisismo, non ne ha bisogno. Non è il mare. Lei lo fa con grazia, in silenzio e solo perchè non può nascondere la sua maestosa imponenza.

E mi piace ancora di più camminare in montagna. Fare fatica. Sudare e sbuffare per arrivare ad un rifugio o su quella vetta che hai pianificato di raggiungere. Anche quando ad ogni passo, o quasi, da un certo punto, quando senti le gambe che iniziano a lamentarsi e il cuore che ti zampetta allegro nel petto, ti domandi : ma chi me lo fa fare ? Ma in realtà lo sai chi te lo fa fare. E' il piacere che si prova quando, arrivato alla meta, darai uno sguardo giù, verso il sentiero dal quale sei arrivato e sentirai salire in te una certa fierezza, una gioia fanciullesca. E la montagna lo sa, lo sente e ti strizza l'occhio, perché in fondo è felice anche lei che tu ce l'abbia fatta.

Una volta, stavo salendo verso la Cappella Savina in Presolana, un camminatore che avrà avuto una ventina d'anni più di me, vedendomi decisamente provato, mi disse : "Un passo alla volta, è solo un passo alla volta. non pensare ad altro. Ora senti la fatica ma quando sarai lassù e ti guarderai attorno, la dimenticherai in un soffio. E ti rimarrà solo la soddisfazione e il cuore pieno di gioia". 

Quel giorno in effetti stavo per mollare, ma sono bastate quelle poche parole per farmi riprendere a salire. E, che dire, aveva ragione. Ne era valsa la pena. Ma anche questo lo si impara presto. Basta tenere sempre tutti i sensi attivi, ricettivi e la sorpresa dei paesaggi da cartolina diventerà abitudine, un'abitudine di cui non si riuscirà più fare a meno.

E sarà bello anche se ti beccherai una grandinata o tornerai a casa la sera scottato dal sole.

Che poi basta essere preparati. Il Poncho non manca mai nel mio zaino, sulla crema solare invece sono ancora parecchio restio, nonostante LaSimo me la ricordi ogni volta.

E' dura la montagna, a volte si nasconde dietro a minacciose a nuvole nere, a volte sono sfilacciate e bianche  ma lo fa per poco, solo per farsi desiderare ancora per qualche attimo, per poi esplodere in tutto il suo splendore quando il vento le accompagnerà via, verso la valle successiva. Il profumo poi è una continua altalena. Si passa dal tipico odore del sottobosco, dei funghi che già ti immagini in un risottino a quello intenso ma delicato dei ciclamini. La resina che cola dalle pigne verdi  e poi il maggiociondolo, il rododendro,  le genziane. Ma anche solo le rocce, anche loro hanno un loro profumo. E cosa vogliamo dire della luce e dei colori ? Avete presente il colore di un laghetto alpino ? Ci sono quelli di un verde che ti senti immerso  direttamente in Irlanda, come i laghetti del Cardeto. Oppure quelli che hanno il sapore dell'acciaio e ne sprigionano la stessa forza, come il laghetto di Coca o quell'azzurro che pare finto del Barbellino, quello artificiale perchè quello più su, quello naturale, è un'altra cosa, ma non per questo meno mozzafiato.

Insomma, dove ti giri ti giri, in montagna si scoprono meraviglie.

Ma se c'è un aspetto che della montagna apprezzo e cerco è il silenzio. Non si tratta di un silenzio assoluto, di quelli che "spaventano", è più un silenzio colmo di un sottofondo vivo e in continuo movimento. E' movimento senza quella disperata, quanto umana, corsa continua. E' il volo di un'aquila che scatena il fischio improvviso di una marmotta di guardia. E' lo scalpiccio di uno stambecco che ti guarda uncuriosito prima di arrampicarsi su una parete verticale come fosse sulle scale mobili.

E' lo spazio che lascia a se stessi, ai propri pensieri, alle fantasie. La montagna è la mia casa, la casa della mia anima. Il luogo dove tutto finisce e tutto comincia. E' l'autolavaggio del mio io più profondo. Ne entro con le mie paure, le mie incertezze e ne esco ripulito. Più forte. Più leggero.

Ed è per questo, o forse anche per questo, che mi piace camminare sia da solo che in compagnia.

Da solo, va beh, con me stesso. Posso staccare, cantare, parlare, stare in silenzio, fermarmi ogni 5 minuti. Fare quello che mi pare insomma. Oppure posso andare  con i "soci" di camminata. E quelli bisogna sceglierseli bene, perchè sarebbe un paradosso trovarsi nel paradiso circondato da rompicoglioni.

Io ho i miei di soci, "Quelli della Taragna", non saranno proprio di primissimo livello, ma del resto, neanche io lo sono, anzi. C'è B., che ci usa per smaltire la sua frutta secca scaduta nel 2017 per vedere di nascosto l'effetto che fa. Poi c'è Z., la nostra guida indiana bergamasca, che tra un calo di pressione e l'altro non si arrende mai, basta un calice di rosso della casa e un piatto di casoncelli immersi nel burro e via, come nuovo.

Con loro la meta è sempre la stessa, il grande obiettivo. Mettere le gambe sotto il tavolo di un rifugio, il più in alto possibile. Noi siamo quelli che dopo 20 Km di camminata con 1300 metri di dislivello attivo, tornano a casa pesando 1 chilo di più. Ma anche questo sa regalare la montagna, un po' di sano colesterolo.

Ora sono chiuso in casa, in attesa di tempi migliori. Ma la mente è sempre là, lo sprito è pronto, le gambe e il fiato un po' meno, su quelle mi sa che ci devo lavorare.

A presto.


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