giovedì 24 marzo 2016

Responsabilità



La settimana scorsa mio figlio Lancillotto ha subito un piccolo intervento.
Lo staff medico mi ha rassicurato fin dalla prima visita. “Non si preoccupi. Si tratta di una cosa da poco, una semplice, banale tonsillectomia. Il Professore che opererà suo figlio ne ha praticate migliaia durante la sua ventennale esperienza. È in grado di operare bendato usando solo il piede destro e un coltellino svizzero”.
Detto ciò non potevo che sentirmi decisamente sollevato, anzi, in casa si respirava addirittura un clima di carnevalesca euforia. Mia moglie Ginevra, per l’occasione, si mise a preparare tonnellate di Tiramisù benaugurante, per la gioia del nostro piccolo martire, che di lì a pochi giorni avrebbe fatto un altro passo verso l’età adulta. Un’operazione chirurgica in piena regola. Ciabattine di spugna e anestesia totale comprese.
La mattina dell’operazione salutammo nostro figlio con battute simpatiche e pacche sulle spalle e lo lasciammo alle amorevoli cure delle infermiere, che in pochi attimi lo prepararono per la discesa verso le immacolate sale operatorie.
In effetti, nonostante la certezze del buon esito dell’intervento, non posso nascondere che albergava in me una certa tensione, si trattava sempre del mio unico figlio e saperlo sotto i ferri non mi faceva certo stare sereno come fossi sdraiato sotto il sole agostano a Celle Ligure.
Ma è in questi momenti difficili che si forgia lo spirito delle persone.
L’attesa fu estenuante, dopo aver sgranocchiato le unghie di mia moglie e di due infermiere, le mie le avevo già terminate un minuto dopo aver salutato Lancillotto,  il frutto del mio amore, il mio giovine virgulto venne riportato nella sua stanza.

Ora, devo confessare, io non sono un medico, le mie conoscenze in materia non vanno oltre alla Borocillina quando ho mal di gola e all’aspirina quando ho l’influenza, ma appena visto mio figlio, un lievissimo timore che qualcosa non fosse andato esattamente come nei piani, mi si conficcò malevolo nel cervello.

Anche vedere la pancia scoperta, avvolta da una grossa fasciatura e il relativo drenaggio, alimentarono in me tale sconcerto.

“Lancillotto, come va ? tutto bene ? Hai sentito male ?”
Dopo un attimo di smarrimento e lo sguardo ancora intontito, il piccolo ebbe la forza per rispondermi.
“No papà, non ho sentito niente. Sto bene”.
Rassicurato per le parole e per il tono lucido, seppur sofferente  della risposta, volli fare un passo avanti nella mia indagine.
“Ma Lancillotto, come mai ti hanno fasciato la pancia ?”.
“Papà, il professore mi ha tolto l’appendicite”.
 “Cooooosaaaa? Ma sei sicuro ? e come è successo ?” Non potevo credere alle mie orecchie.
“Non lo so, so solo che il professore mi ha tolto l’appendicite anziché le tonsille”.
Non so voi come vi sareste sentiti al posto mio, quello che posso dire è che in quel momento i miei sentimenti rimbalzavano violentemente tra la rabbia e lo sconcerto. Tra la voglia di vendetta e la richiesta di chiarimenti.
Insomma, dovevo fare qualcosa di drastico e definitivo. Punire il colpevole. Cercare la giustizia e schiaffeggiarla per risvegliarla dal torpore nel quale evidentemente si era trovata qualche ora prima.

....continua.... 

Come sapete non ho un figlio di nome Lancillotto. Quindi vien da sè che quanto scritto sopra è solo un raccontino e non la storia vera di un fatto realmente accaduto.
L'ho scritto perchè è da quando ha iniziato ad andare all'asilo nido che sento le maestre parlare di responsabilità.
Bisogna responsabilizzare i ragazzi.
Non è che in sè io sia contrario a questa affermazione, credo solamente che per ogni cosa esista un suo tempo.
E credo soprattutto che sia inutile far correre questi bambini verso l'età adulta a velocità folle.
Lasciamoli crescere con calma. Lasciamo che giochino, che credano alle favoole a lieto fine. 
Lasciamo che vivano con leggerezza i pochi anni della loro fanciullezza. Hanno tutta la vita per essere adulti, stronzi e incazzati.
Ma soprattutto ho come l'impressione che la responsabilità che le maestre premono per affibiare ai ragazzi sia uno scarico della loro di responsabilità. Forse sbaglio. Ma quando le sento parlare, il forte dubbio che sia così mi si appiccica addosso come carta moschicida.