sabato 10 settembre 2022

3 Cime, 2 Donne, 1 Leggenda

Che non sarebbe stata una giornata come le altre era evidente anche alle margherite nei prati, ma neanche loro potevano immaginare quanto ci si sarebbe allontanati da ogni logica basata su forza di volontà versus allenamento fisico.

Cosa colora di rosso sul calendario appeso in cucina un giorno rispetto ad un altro? Perché hanno questo status il 25 aprile, il 6 gennaio, il 4 luglio o il 13 marzo? Beh in ognuno di questi giorni è successo qualcosa di straordinario.

Come dite? Non trovate eventi importanti il 13 marzo? Sono nato io! Va beh... Ma tornando a noi, quel giorno, quella mattina, nella macchina che stava portandoci verso la partenza della grande impresa, perché è di questo che stiamo parlando, sui sedili posteriori due donne si scambiarono uno sguardo intenso, profondo e determinato. E una promessa, che era insieme il manifesto del loro orgoglioso obiettivo. "Ce la facciamo. Dai. Dai"

Le due donne, che per rispetto di privacy chiamerò "cappellino giallo" e "zainetto rosa", con poche falcate decise bruciarono la prima tappa del percorso: rifugio Auronzo - rifugio Lavaredo, fatta in 4 minuti e una manciata di secondi.

Lasciando indietro ad ansimare sgomenti Simone Moro, Messner e il Pelide Achille, distanziati di una ventina di minuti. La cima piccola visti i due fulmini sotto di lei, diede un colpo di gomito alla cima grande, che stava beatamente prendendo il sole, disdegnando i piccoli mortali che ogni giorno sfilavano al suo cospetto con gli occhi imbambolati dinnanzi a tanta grandezza. Qualcosa di grande stava accadendo, era meglio tenere gli occhi e le cenge ben aperti. 

Uno sguardo da pari a pari riservarono cappellino giallo e zainetto rosa alle pareti verticali che dal rifugio Lavaredo sembravano potersi toccare allungando una mano e poi via, verso la tappa successiva: la forcella Lavaredo, che coi suoi 2454 metri rappresentava il punto panoramico ideale.

 

3 minuti e mezzo dopo avevano già, nell'ordine, raggiunto la forcella, scattato 142 fotografie (compresi un paio di selfie, perché va bene la modestia, ma due foto sotto le 3 cime non si possono non fare, soprattutto le volevano le cime, che ora tengono le foto delle due eroine sui comodini accanto al letto), curato uno stambecco sofferente, confortato Confortola sul percorso perché non riusciva a star dietro alle due furie, redarguito Hervè Barmasse perché non stava approcciando bene un tiro sulla Grande, innalzato 103 ometti di pietra e sfanculato un gruppo di turisti tedeschi perchè troppo rumorosi.

 Dopo un ultimo sguardo ai 3 imponenti monoliti e un generoso sorso che ciascuna delle due diede ad una fiaschetta che doveva contenere acqua, ma secondo i più si trattava di grappa preparata in una distilleria artigianale e illegale dalle parti di Belluno da tal Mastro Bevifuoco, erano pronte per assalire un altro tratto della camminata, quello che dalla forcella le avrebbe portate al rifugio Locatelli.

Un attimo prima erano qui, ora erano là, in lontananza si potevano vedere il cappellino giallo e lo zainetto rosa viaggiare a velocità non previste dal codice della strada né tanto meno dalle più elementari regole del trekking in quota. Alle marmotte quel vento improvviso, alzato dal passaggio delle due, provocò immediata laringite, per cui non poterono fischiare all’arrivo di due aquile che, armate di coltello e forchetta e bavagliolo ben legato intorno al collo, poterono banchettare allegramente. Ma la morte è morte perché esiste la vita. E questa continua. E quel giorno si srotolava maestosa sul sentiero della gloria.

 Quando il resto della famiglia le raggiunse al rifugio Locatelli, già perché con le due signore delle vette c’erano anche il resto delle famiglie. I due mariti e le due figlie. Che per rispetto di privacy chiamerò Gaia e Silvia, cappellino giallo e zainetto rosa avevano già preparato 30 Kg di lasagne per gli escursionisti affamati, confezionato in patchwork 40 tovaglie per le tavolate, consolato Mazinga Z che aveva provato a fare a gara con loro, perdendo clamorosamente e svelato a Kilian Jornet alcuni trucchi per rendere più efficace la sua corsa in montagna.

Un pezzo di focaccia gustato all’ombra di un piccolo caseggiato in pietra a pochi passi dal rifugio, un altro sorso di grappa per buttare giù il tutto ed erano già pronte per affrontare un altro tratto del cammino. Quello che dal Locatelli porta nuovamente al rifugio Auronzo, la chiusura del cerchio.

 Inutile aggiungere che in men che non si dica hanno bruciato il pezzo in discesa, superando con repentini flash abbaglianti dagli occhi quei bifolchi che procedendo cautamente e lentamente si azzardavano a rallentarle. A Nimsdai Purja, che per qualche metro aveva osato provare a tenerle dietro, rifilarono due sonore gomitate in fase di sorpasso e un : “Spostati nanerottolo!”. Si dice che da quel giorno vaghi senza meta tra le Dolomiti alla ricerca del suo orgoglio, che invece, dopo tale fatal evento si è trasferito in quel di Rimini a fare il barman non volendone più sapere di montagna.

 Quando noi mariti e le ragazze raggiungemmo il parcheggio dove avevamo lasciato l’auto, trovammo solo un biglietto sul parabrezza, che diceva: “Ciao, visto che non arrivavate abbiamo lavato la nostra auto e anche tutte quelle con le targhe dispari, poi abbiamo dato una mano a regolamentare il traffico e infine abbiamo deciso di incamminarci verso il lago di Misurina, tanto è a due passi e non siamo per niente stanche”.

 Io guardai Massimo (nome di fantasia, ovviamente), Massimo guardò me. Le due ragazze guardarono le 3 cime, le 3 cime guardarono noi quattro. Noi quattro guardammo il vuoto. Il Vuoto si girò dall’altra parte fischiettando ostendando indifferenza.

  Ancora oggi, a distanza di mesi, l’eco dell’impresa non si è spenta. La Grande, se ci fate attenzione, noterete che è leggermente piegata verso la piccola. Dopo aver assistito a tale stupefacente giornata, sembra non si sia più ripresa, ogni tanto deve appoggiarsi per reggersi in piedi. Nei rifugi si sente raccontare con orgoglio di quel giorno in cui cappellino giallo e zainetto rosa bucando il muro del suono armate solo di scarponcini e foulard, frequentarono i loro locali. I bambini ascoltano estasiati. Gli adulti a volte non possono credere alle loro orecchie.

Ma tutto questo fa già parte della leggenda.

 

Ma che siano grandi o piccoli, uomini o donne, professionisti della montagna o profani sprovveduti, sulle Dolomiti tutti sono vigili e sperano tanto di poter rivedere un giorno una donna con il cappellino giallo e l’altra con lo zainetto rosa girare ancora nelle alte vie e, chiacchierando amabilmente tra loro e senza nessuno sforzo, bruciare ogni record di traversata sui sentieri più duri dell’arco Alpino. Quel giorno fatevi trovare, se le vedrete non lo dimenticherete, come non lo abbiamo dimenticato noi.


giovedì 30 giugno 2022

Idoli

Fin da piccolo non ho mai avuto un eroe o un idolo da seguire. Non avevo il classico poster in cameretta con la foto di un cantante o uno sportivo o di un qualsiasi personaggio famoso.

I miei eroi da piccolo semmai erano quelli dei fumetti, Devil o Zagor per esempio, ma persone in carne ed ossa direi proprio di no.

Non so bene il motivo, penso che un eroe, dal mio punto di vista, debba essere un esempio, un riferimento da seguire per migliorare se stessi. Per questo non basta essere un grande cantante o un fenomenale sportivo. Devi essere anche un grande uomo o donna, a tutto tondo. Anche e soprattutto nella vita al di fuori del tuo contesto professionale.

Per cui, nessun IDOLO per me.

Ci sono stati sportivi che mi hanno emozionato, che mi hanno fatto battere più forte il cuore, che mi hanno trascinato nelle loro grandi imprese facendomi saltare sul divano.

Questo sì, questi li ho avuti. Mi vengono in mente Julius Erving ( il mitico Doctor J ) dei Philadelfia 76ers, perchè era elegante in ogni sua movenza e non l'ho mai visto sopra le righe verso gli avversari. Era solo un grande campione che volava sul parquet in partite con altri grandi campioni dell'NBA.

Impazzivo per Marco Pantani. L'ho sempre pensato un cuore puro, un lottatore forte e allo stesso tempo così fragile. Ogni suo scatto su pendenze impossibili era un extra sistole, ma me li sono goduti tutti.

Roberto Baggio. Beh, si vedeva che era un giocatore straordinario, era chiaro, ma poi l'ho visto giocare dal vivo, solo una volta, e in quel momento è stato evidente che rispetto agli altri era un'altra cosa, come toccava la palla, come si muoveva. Un vero fuoriclasse.

Valentino Rossi. Un altro extra terrestre. Forte e determinato, una vita su una moto ai massimi livelli, capace di vincere, di perdere e soprattutto di essere un grandissimo personaggio il cui vuoto difficilmente potrà venir riempito in breve tempo nel circus.

Tutti grandissimi, tutti per me importanti, ma non credo se li avessi beccati in giro, per strada, gli sarei corso dietro per farmi fare un autografo o per scattare una foto con loro.

E poi ieri c'è stata la 10 KM di nuoto ai mondiali di Budapest. E ancora una volta Paltrinieri, Greg, ha sfoderato una prova, e con essa una medaglia d'oro, che ha strappato applausi e emozioni forti.

Gregorio è un nuotatore, un ragazzo che va oltre mille difficoltà, a questi mondiali ha vinto 4 medaglie, ha fatto le olimpiadi alla grande pur essendo uscito da pochi giorni dalla mononucleosi. Ho colleghi che l'hanno fatta e, a parte essersi fatti vedere in ufficio dopo un mese, al rientro erano degli stracci. Lui è andato alle Olimpiadi e ha vinto medaglie.

 Perde e si carica per vincere la gara dopo. Ha sempre una grande lucidità ed onestà nell'analizzare le buone e le cattive gare ( poche ) senza cercare scuse o alibi. Dimostrando di essere un grande atleta ed una persona seria.

Ecco, se incrociassi Paltrinieri per strada sono certo che andrei a stringergli la mano, magari poi possiamo fare solo gomito contro gomito per sto cazzo di covid, ma il concetto rimane quello.

Grande Greg

 

venerdì 22 aprile 2022

...e alla fine arrivano i conti

 Eh già. Ho scaricato poco fa il resoconto delle vendite che l'editore mette a disposizione degli autori, forse è addirittura aperto a tutti, va beh, non cambia nulla.

Cosa mi aspettavo? Non avevo ben chiara una cifra, diciamo che speravo di girare intorno alle 100 copie vendute, tra cartaceo ed ebook. Ahia, ci sono andato lontano, molto lontano. Il totale delle vendite fino al 31/12/2021 è di pochi...davvero pochi...

 In effetti speravo in qualcosa di meglio. A prescindere se si tratti di un capolavoro o meno, e sicuramente sono lontano anni luce dallo scrivere qualcosa che possa considerarsi un capolavoro, il passaparola, anche di prima mano, ovvero il mio verso amici e conoscenti, non è che abbia funzionato un granchè.

Che poi, è vero che il cartaceo ha un costo alto, ma gli ebook ormai vanno via come il pane; oggi, per esempio, vedo che Amazon vende "Punto a Capo" ( perchè è di questo che sto parlando ) a 2,79 euro...una cifra che, senza voler fare i conti in tasca a nessuno, di norma, per quanto mi riguarda, mi porta a togliermi anche quel minimo di curiosità che un titolo o un autore mi ispira. E quindi a quei costi compro sempre qualcosa.

E invece nada. Neanche questo ha smosso i miei più affezionati lettori.

Va beh, è così che doveva andare. Del resto è anche vero che scrivo prima di tutto per me stesso, quindi alla fine sono contento e soddisfatto lo stesso quando, al termine del mio lavoro, rileggo il tutto e ritengo il risultato soddisfacente. Che poi soddisfi solo me è forse un mio problema. Non sono molto oggettivo nella valutazione dei miei romanzi. E niente. Come una stella cometa dall'aria emaciata, ho attraversato il favoloso mondo dell'editoria senza lasciare traccia. Ma la vita è anche questa. Stare in pace con se stessi è già un traguardo mica da ridere da raggiungere. Yoda direbbe : "Fare o non Fare. No, provare". Ecco. Io fare. Poi andare come andare.

saluti e baci