giovedì 31 maggio 2012

I Miei Corti - Oggi è già domani

Oggi è già domani.

È una di quelle giornate in cui staresti a letto fino a mezzogiorno, sotto le coperte ad oziare pigramente fino a che la schiena ti fa male, e invece senti quei fastidiosi rumori provenire dalla cucina; tua madre è già lì che sta preparando la colazione. Oggi si va in montagna, attività: odiosissima castagnata.
Arriviamo, dopo un viaggio noioso passato a sonnecchiare, in questo paese dimenticato, giustamente, da Dio e dagli uomini. Il papà parcheggia la sua vecchia SW nel minuscolo parcheggio del paese, è tutto allegro, anche la mamma sembra di buon umore, solo a me sarebbe piaciuto stare a casa a guardare la tv? Sono io quella strana della famiglia?
 Il cielo ha un colore plumbeo, le foglie gialle e rosse sono un tappeto dalla cromia calda ed accogliente, il ché fa decisamente a pugni con la giornata grigia e fredda. Chiusa nel mio giaccone imbottito mi incammino svogliatamente, capo chino e mani affondate nelle tasche, dietro ai miei genitori, che hanno puntato decisi verso un versante della montagna dove, sono sicuri, è pieno di ottime castagne. Ma guarda te mio padre, sembra un ragazzino, tutto felice, coi suoi guanti gialli raccoglie ricci su ricci, neanche fossero tartufi pregiati. Li apre con attenzione per poi buttare il contenuto nella sporta che va via via riempiendosi. Mia madre fa altrettanto, forse un po’ meno gioiosa ma lavora di buona lena anche lei, fosse così anche quando fa i mestieri di casa il papà le farebbe meno storie sull’ordine e la pulizia che alberga tra le mura domestiche, penso con una smorfia sghemba sul volto da condannato a morte.
 Non c’è che dire, proprio una bella giornata. Che noia, cerco il telefonino nella tasca dei jeans, noooo non c’è campo, e adesso come faccio ? devo messaggiare, devo chiamare Lucrezia, devo mettermi d’accordo per domani, usciamo o no con quei due super fighi della 3a B. Lo sapevo, posto schifoso e giornata schifosa. Se invece di avere solo tredici anni ne avessi ventitre o trentatre o non lo so, a quest’ora lo so io dove sarei.
 Lo spazio di un battito di ciglia e la piccola Lucia si vede in una chiesa riccamente addobbata con meravigliosi bouquet di fiori bianchi sparsi ovunque, un po’ come per un matrimonio per capirci. Eh già, il suo. Da lontano, in fondo alla chiesa, di fianco al prete dal volto tondo e bonario, vede colui che diventerà suo marito, un bell’uomo non c’è che dire, un sorrisino furbo attraversa il volto della ragazza, ottima scelta Lucia. Fatti solo pochi passi incerti nella chiesa vociante di amici e parenti, e si trova sdraiata improvvisamente su di un letto in una sala d’ospedale.
 Sente un dolore da togliere il fiato al basso ventre. L’ostetrica le sta gridando di spingere, la testa della sua bambina è già fuori.
 “Spingaaaaa”.
 Ancora scossa dalla sensazione assolutamente inattesa e destabilizzante di maternità, la scena cambia ancora sfondo. Ora è a un altro matrimonio, spera solo che non sia il suo secondo, era così bello il suo primo marito.
 È quello di Anna, la sua bambina, diventata ormai una splendida donna. Lucia è così fiera, si guarda le mani che tengono un fazzoletto bagnato di lacrime di gioia, sono grinzose, invecchiate, si rende conto con una punta di nostalgia che gli anni sono passati in un lampo. Al marito, di fianco a lei, i capelli grigi hanno preso il posto di quei bei capelli neri del giorno delle nozze, oramai così lontane, perse in ricordi neanche sbocciati.
 Appena il tempo di sentire un groppo chiuderle la gola che si trova esattamente nel bosco della castagnata, sente una voce dolce come zucchero filato che le grida in lontananza.
“Nonna, nonna guarda cosa ho trovato!”.
 Sente che camminare le costa un po’ di fatica, ha quella strana sensazione di affanno, tipica delle persone anziane, pensa. Ma quando vede quell’angelo correrle incontro, con un sorriso aperto come una scatola di cioccolatini il giorno di Natale, la stanchezza le passa all’istante, lasciando il posto ad una commozione che non ha parole presenti nel vocabolario per spiegarsi. La riconosce subito, la figlia di sua figlia arriva trafelata, una ciocca di  capelli biondi le esce dal cappellino di lana scuro.
 “Nonna, tieni, la mamma dice che porta fortuna”.
 Sulla sua manina una castagna rotonda come una biglia. Lucia la prende, la osserva un attimo e poi la mette in tasca, prima di chinarsi per baciare la piccola su una guancia arrossata dal freddo. “Lucia, ma si può sapere cosa ti è preso ? ti sei imbambolata?”.
 La voce di sua madre la riporta alla realtà, al bosco, al grigio di quella mattina che avrebbe volentieri passato a letto, alla castagnata coi suoi genitori. D’un tratto sente il bisogno impellente di abbracciare sua madre e suo padre, corre verso di loro e li stringe forte, come se lasciandoli potessero scomparire nella bruma, che li avvolge fino alle caviglie, alzandosi lenta dal terreno umido.
 “Ehi, e questo cosa vuol dire?”.
 E’ suo padre che ha parlato, piuttosto sorpreso, staccandosi lievemente dal triangolo perfetto che aveva creato l’abbraccio di Lucia.
 “Vuol dire che vi voglio bene e sono contenta di essere qui oggi, grazie”.
 Lucia si stacca di mezzo passo dai suoi genitori, continuando a tenerli per mano, lasciando i suoi ad osservarla piuttosto perplessi, sente una lacrima scenderle sul viso, cerca il fazzoletto in tasca ma trova qualcos’altro. Qualcosa di levigato e duro. Quando lo toglie dalla tasca per guardarlo si trova tra le mani una castagna, bellissima, lucida e rotonda, proprio come una biglia.

1 commento:

  1. bravo il mio vecchio....

    pero' con i nomi ancora non ci siamo, ovviamente e' una ragazza e Luca non potevi chiamarla, ma Lucia si, solo una lettera in piu'! per il tuo compleanno ti regalo il libro dei nomi!! :)

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