giovedì 24 luglio 2014

Il lavoro nobilita l'uomo.


Buongiorno, mi chiamo Valdo, Marco Valdo. Ho quarantasei anni e lavoro, diciamo così, per una grande multinazionale.

In azienda, durante la mia lunga vita professionale, ho fatto un po’ di tutto, fino a ricoprire quei ruoli che annoverano la parolina magica Manager prima o dopo altre roboanti oscenità, ma sempre in rigoroso inglese. Che fa molto più professional. Ho lavorato il sabato e la domenica quando mi veniva chiesto. Ho saltato le meritate ferie, quando mi veniva chiesto. Non ho mai contato le ore di straordinario elargite durante questi anni, del resto ho partecipato a progetti che avevano troppi momenti nei quali la mia presenza era di estrema necessità per la loro buona riuscita per potermi tirare indietro.

Ero parte del sistema, e mi comportavo esattamente come uno dei tanti ingranaggi di una catena che, gioco forza, deve continuare a girare.

Poi un bel giorno, ma forse dovrei dire brutto, il progetto nel quale lavoravo si è interrotto repentinamente, così io e tanti altri come me ci siamo trovati dal lavorare a cottimo al freddo dell’aria condizionata dell’ufficio alle calde pantofole a casa: in cassa integrazione, prossimo alla mobilità. Tutto questo è avvenuto nell’arco di un battito di ciglia. Ma certo, lavoravo a progetto. Anzi no, a dire il vero il mio è un contratto a tempo indeterminato. E allora come mi è potuta succedere una cosa simile ?

Nel giro di pochi mesi sono passato dall’essere un vanto grazie alla mia conclamata “seniority”, all’essere un costo insopportabile. Le mie competenze ad un tratto non servivano più. O forse sì, ma sicuramente ad altre cifre. Sono diventato un peso.

In realtà che le cose stessero cambiando, in peggio ovviamente, l’ho intuito ( lo so non sono proprio un genio ) quando hanno iniziato a parlare di noi come di costi. Mah !

Nel lavoro, ho imparato, devi essere bravo, competente e disponibile, e costare come un bambino di quelli che cuciono i palloni da calcio in Bangladesh. Non è proprio facilissimo, in Italia, costare come un bimbo voglio dire, soprattutto quando hai più di vent’anni di lavoro sulle spalle e ti hanno sempre chiamato “professionista”.

Ma tant’è. Ora che sono in “cassa” avrò tanto tempo da dedicare alle mie cose, i miei cosiddetti hobby. Solo che quando sono in casa sono di intralcio al resto della famiglia, do fastidio alla moglie, che ha tante cosa da fare ( beata lei ! ), non parliamo dei figli, che prima erano abituati a vedermi pochi minuti al giorno e ora mi vedono ciondolare di qua e di là senza avere una sporca ultima meta da conquistare. Se esco per fare due passi mi viene spontaneo fermarmi a guardare i lavori nelle strade. Tenendo le mani incrociate dietro la schiena e borbottando parole incomprensibili, ma che lasciano trasparire il disappunto per come lavorano quegli uomini in divisa arancione e guanti sozzi. Ci manca solo che mi compri uno di quei cagnolini in formato nutria col quale passare lunghe ore a chiacchierare animatamente e sarò esattamente come non mi sarei mai sognato di diventare.

A volte vado a fare la spesa, in bici, mi soffermo a lungo per cercare l’insalata più verde, la frutta più succosa. Sto diventando una brava massaia.

È questo il mio futuro ? No, grazie.

Allora penso che forse dovrei rimettermi in gioco, del resto sono ancora giovane, mi mancano vent’anni alla pensione. Sono un ragazzino, lavorativamente parlando chiaro, che se penso ai dolori alla schiena meglio lasciar perdere.

Dicono che all’estero il lavoro c’è. E via verso la locomotiva d’Europa, la Germania, un paio d’anni nei pressi del mare del Nord, qualche rientro a casa nel week end a salutare la moglie e i figli, per far vedere che sono ancora vivo, e controllare che non abbiano cambiato la serratura della porta di casa. Scherzo, non lo farebbero mai, odiano il fabbro che lavora sotto casa. In breve tempo mi renderei conto che sto perdendo gli anni della loro crescita, quegli anni che faranno di loro gli uomini e le donne di domani. Ma d’altra parte sto acquisendo reumatismi da umidità e fegato ingrossato da wurstel e crauti. Uno scambio equo tra dare e avere.

Azzardo un accostamento temerario. Gli uomini delle caverne lasciavano moglie, ma forse dovrei dire compagna, visto che il sacramento del matrimonio ancora non esisteva, e figli per avventurarsi lontano, a caccia. Stavano via finché non avevano trovato quello che cercavano per dare sussistenza alla famiglia e poi tornavano.  Ecco, io oggi dovrei fare lo stesso. Andare a caccia. Evviva il progresso. L’evoluzione della specie. Ciao Darwin, come direbbe Bonolis.

Ma potrei anche non dover andare troppo lontano. Se mi offrissi per un contratto a progetto a che so, seicento euro al mese, sono quasi sicuro che un lavoretto lo troverei.

Sarebbe svilente ? beh, se l’alternativa è conversare con il cane topo con la pancia gonfia di birra…

Oppure potrei rimettermi a studiare, sono un po’ arrugginito ma non ancora del tutto rincoglionito. Rimane il fatto che poi qualcuno dovrebbe essere disposto a far lavorare un giovane vecchio come me.

E se mi mettessi in proprio ? ma certo, apro un bar…sì, con un piede di porco ! I soldi dove li trovo ? i finanziamenti li danno ai giovani, io sono giovane ma non così esasperatamente giovane.

Oh mamma quanti problemi. E io che pensavo che dopo una vita di lavoro mi sarei potuto godere una vecchiaia decorosa, ma neanche una mezza età dignitosa riesco a strappare, se vado avanti così.

 Sono Valdo, Marco Valdo, ho quarantasei anni, vivo in un mondo globalizzato che corre sempre più veloce, ho tante idee , sono disoccupato e non ho neanche la bicicletta, me l’hanno rubata davanti all’esselunga.