mercoledì 14 novembre 2012

I Miei Corti - H1N1

Un Corto un po' datato ma sempre attuale.


H1N1.

 
Eccolo che arriva, lo precede uno sbadiglio modello tricheco in amore che, girandosi mollemente su una spiaggia artica, si è schiacciato una palla su un sasso, superfluo dire che questo è uno dei suoi cavalli di battaglia. Come il solito indossa quell’orrendo pigiama a righe, irrimediabilmente sformato su ginocchia e gomiti dagli anni trascorsi insieme. Cammina trascinando i piedi infilati nelle ciabatte distrutte di quando ha fatto il militare, venticinque anni fa. Dice che ci si è affezionato. Passando davanti allo specchio della sala si contempla beato la pancia gonfia da birra, fiero come un pavone che fa la ruota, mentre è solo una brutta copia di un quadro surrealista. Lancia un ultimo sguardo all'immagine riflessa poi si dà una sonora rimescolata ai gioielli di famiglia e si riavvia fino alla cucina, dove si siede con una specie di rantolo malato. Mi guarda storcendo la bocca in un sorriso ebete, è ancora completamente impastato dalla notte appena trascorsa, ha russato così forte da creare un effetto Larsen con i caloriferi, dormendo lascia colare una bava biancastra sul cuscino, come una vecchia lumaca della valle Brembana. Ora è pronto per la colazione, che gli ho preparato con rassegnato amore. Nooo, la riconosco quella specie di smorfia di dolore, è l’attimo che precede la tempesta mortifera, mi alzo in fretta cercando di correre ad aprire la finestra; troppo tardi, un rombo alle mie spalle mi paralizza come una statua di sale, grosso. I fiori di plastica nel vaso sul tavolo hanno esalato un ultimo, disperato respiro e poi sono crollati esanimi, inneggiando alla morte del cigno. Dopo tanti anni di matrimonio ancora non mi capacito di come un uomo dalla corporatura, in fondo modesta, possa emettere scoregge di tale portata. Durante le riunioni di condominio, alle quali non partecipo più per vergogna, c’è sempre all’ordine del giorno la richiesta di insonorizzare il nostro appartamento, di aspergerlo con acqua santa e di tappezzarlo con arbre magique al pino. Una volta ci hanno mandato pure la protezione civile e i vigili del fuoco, è stato quando dopo avere mangiato un kilo di caponata gli è partito un botto tipo Baghdad 1990, si è propagato un odore così forte e persistente che i vicini pensavano fosse successa una disgrazia con morti e feriti inclusi. Quando i vigili, dopo aver suonato il campanello, se lo sono trovati alla porta, hanno capito subito che si trattava di un finto allarme ma di un reale, potenziale, problema chimico-fisico-batteriologico. Se ne sono andati salutandomi con commiserazione. Finisce il suo caffelatte, un filo di latte gli cola sul mento macchiandogli la canottiera già disgustosamente impataccata, sorride tronfio, secondo me perché viste le sue condizioni non gli sembra vero di risvegliarsi ogni mattina. Lascia trapelare un rutto che fa partire la cappa aspirante autonomamente, a volte la tecnologia, quando attaccata, corre ai ripari, un po’ come la natura. Si alza, si gratta la barba incolta di una settimana, mi si avvicina con l’eleganza di uno Yoghi ubriaco e mi da una manata sul culo. “ Ciao bella culona, faccio una scappata in cesso. Ricordati che oggi ho la partitina a carte al bar, mi fai la pasta con le sarde a mezzogiorno?”. Si incammina lento, dopo aver preso La Gazzetta dello sport dal tavolino, direzione bagno, lo chiama “il mio quarto d’ora di cultura”. E poi mi dicono che dovrei fare la vaccinazione contro la suina. Io, che non mi sono mai beccata neanche un raffreddore, eppure sono vent’anni anni che vivo con un maiale.

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