La
settimana scorsa mio figlio Lancillotto ha subito un piccolo intervento.
Lo
staff medico mi ha rassicurato fin dalla prima visita. “Non si preoccupi. Si
tratta di una cosa da poco, una semplice, banale tonsillectomia. Il Professore
che opererà suo figlio ne ha praticate migliaia durante la sua ventennale
esperienza. È in grado di operare bendato usando solo il piede destro e un
coltellino svizzero”.
Detto
ciò non potevo che sentirmi decisamente sollevato, anzi, in casa si respirava
addirittura un clima di carnevalesca euforia. Mia moglie Ginevra, per
l’occasione, si mise a preparare tonnellate di Tiramisù benaugurante, per la
gioia del nostro piccolo martire, che di lì a pochi giorni avrebbe fatto un
altro passo verso l’età adulta. Un’operazione chirurgica in piena regola. Ciabattine
di spugna e anestesia totale comprese.
La
mattina dell’operazione salutammo nostro figlio con battute simpatiche e pacche
sulle spalle e lo lasciammo alle amorevoli cure delle infermiere, che in pochi
attimi lo prepararono per la discesa verso le immacolate sale operatorie.
In
effetti, nonostante la certezze del buon esito dell’intervento, non posso
nascondere che albergava in me una certa tensione, si trattava sempre del mio
unico figlio e saperlo sotto i ferri non mi faceva certo stare sereno come
fossi sdraiato sotto il sole agostano a Celle Ligure.
Ma è
in questi momenti difficili che si forgia lo spirito delle persone.
L’attesa
fu estenuante, dopo aver sgranocchiato le unghie di mia moglie e di due
infermiere, le mie le avevo già terminate un minuto dopo aver salutato Lancillotto, il frutto del mio amore, il mio giovine
virgulto venne riportato nella sua stanza.
Ora,
devo confessare, io non sono un medico, le mie conoscenze in materia non vanno
oltre alla Borocillina quando ho mal di gola e all’aspirina quando ho l’influenza,
ma appena visto mio figlio, un lievissimo timore che qualcosa non fosse andato
esattamente come nei piani, mi si conficcò malevolo nel cervello.
Anche
vedere la pancia scoperta, avvolta da una grossa fasciatura e il relativo
drenaggio, alimentarono in me tale sconcerto.
“Lancillotto,
come va ? tutto bene ? Hai sentito male ?”
Dopo
un attimo di smarrimento e lo sguardo ancora intontito, il piccolo ebbe la
forza per rispondermi.
“No
papà, non ho sentito niente. Sto bene”.
Rassicurato
per le parole e per il tono lucido, seppur sofferente della risposta, volli fare un passo avanti
nella mia indagine.
“Ma
Lancillotto, come mai ti hanno fasciato la pancia ?”.
“Papà,
il professore mi ha tolto l’appendicite”.
“Cooooosaaaa? Ma sei sicuro ? e come è successo
?” Non potevo credere alle mie orecchie.
“Non
lo so, so solo che il professore mi ha tolto l’appendicite anziché le
tonsille”.
Non
so voi come vi sareste sentiti al posto mio, quello che posso dire è che in
quel momento i miei sentimenti rimbalzavano violentemente tra la rabbia e lo
sconcerto. Tra la voglia di vendetta e la richiesta di chiarimenti.
Insomma,
dovevo fare qualcosa di drastico e definitivo. Punire il colpevole. Cercare la
giustizia e schiaffeggiarla per risvegliarla dal torpore nel quale
evidentemente si era trovata qualche ora prima.
....continua....
Come sapete non ho un figlio di nome Lancillotto. Quindi vien da sè che quanto scritto sopra è solo un raccontino e non la storia vera di un fatto realmente accaduto.
L'ho scritto perchè è da quando ha iniziato ad andare all'asilo nido che sento le maestre parlare di responsabilità.
Bisogna responsabilizzare i ragazzi.
Non è che in sè io sia contrario a questa affermazione, credo solamente che per ogni cosa esista un suo tempo.
E credo soprattutto che sia inutile far correre questi bambini verso l'età adulta a velocità folle.
Lasciamoli crescere con calma. Lasciamo che giochino, che credano alle favoole a lieto fine.
Lasciamo che vivano con leggerezza i pochi anni della loro fanciullezza. Hanno tutta la vita per essere adulti, stronzi e incazzati.
Ma soprattutto ho come l'impressione che la responsabilità che le maestre premono per affibiare ai ragazzi sia uno scarico della loro di responsabilità. Forse sbaglio. Ma quando le sento parlare, il forte dubbio che sia così mi si appiccica addosso come carta moschicida.
Come sapete non ho un figlio di nome Lancillotto. Quindi vien da sè che quanto scritto sopra è solo un raccontino e non la storia vera di un fatto realmente accaduto.
L'ho scritto perchè è da quando ha iniziato ad andare all'asilo nido che sento le maestre parlare di responsabilità.
Bisogna responsabilizzare i ragazzi.
Non è che in sè io sia contrario a questa affermazione, credo solamente che per ogni cosa esista un suo tempo.
E credo soprattutto che sia inutile far correre questi bambini verso l'età adulta a velocità folle.
Lasciamoli crescere con calma. Lasciamo che giochino, che credano alle favoole a lieto fine.
Lasciamo che vivano con leggerezza i pochi anni della loro fanciullezza. Hanno tutta la vita per essere adulti, stronzi e incazzati.
Ma soprattutto ho come l'impressione che la responsabilità che le maestre premono per affibiare ai ragazzi sia uno scarico della loro di responsabilità. Forse sbaglio. Ma quando le sento parlare, il forte dubbio che sia così mi si appiccica addosso come carta moschicida.
Ciao Davide, dopo mesi scopro finalmente un tuo nuovo post...ma che tragedia!! :) Spero, che se qualcosa della realtà dovesse essersi riflesso nel tuo racconto, ormai a distanza di mesi, si sia risolto tutto per il meglio. :)
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