La mia
bimba ha paura del buio. Quando siamo seduti in cucina per cena, se le scappa
la pipì, vuole che qualcuno la accompagni in bagno. Le abbiamo spiegato più
volte che in casa non c’è nessuno, nessun mostro, nessun vampiro, nessuna
bambola decapitata da bambini sadici. Niente. Eppure la paura rimane, e anche
se accende tutte le luci della casa, facendo impennare vertiginosamente la velocità
del contatore della luce, la paura le blocca le gambe e non c’è verso che
riesca ad incamminarsi fuori dalla cucina. A quel punto, se non vogliamo che
si faccia la pipì addosso, mia moglie o io ci alziamo e la accompagniamo. Mostrandole
che non aveva alcun motivo di aver paura. Le parliamo con dolcezza, per farla
sentire al sicuro.
Anche
io ho paura del buio. Il buio che intendo io si chiama futuro, e non ho luci da
accendere che mi facciano passare questa sensazione di incertezza e di timore. Non
ci sono neanche la mamma o il papà che mi prendono per mano e mi portano verso
una qualche forma di certezza. Verso un’isola di speranza nella quale
spaparanzarmi sotto il sole, sdraiato su una spiaggia bianca come borotalco. Questo
buio mi impedisce di scorgere i confini di un lavoro stabile e duraturo, di un futuro se
non roseo almeno un po’ meno grigio per la mia famiglia. Non si può vivere con
la paura che ti tiene compagnia. E’ una vicina scomoda, antipatica. E soprattutto
indesiderata.
Ho paura
del buio, come Gaia. Però quando ci teniamo per mano questa paura passa ad
entrambi. Forse è questo il segreto, continuare a camminare insieme, tenendoci
per mano. Verso il futuro, senza assilli, un passo alla volta, solo un passo
alla volta.
PS
Ma certo Simo, io le tengo la manina sinistra e tu quella destra. Dove vuoi che
andiamo senza di te ?
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