venerdì 22 marzo 2013

I Miei Corti - Stardust


Ho paura. Cerco di trattenere il respiro e tengo gli occhi chiusi. Come a voler chiudere fuori il pericolo incombente che posso percepire a pochi passi da me. Sento la sua presenza e riesco a pensare solo che domani mattina non ho neanche il latte fresco in casa, avrei dovuto prenderlo prima di rientrare, ma poi le cose sono andate diversamente. Potrei bere il the, anche se un’ora dopo averlo bevuto ho già lo stomaco vuoto, penso con un mezzo sorriso.
I suoi passi sono echi minacciosi di tuoni sempre più vicini, la sua voce è una saetta che potrebbe incenerirmi. Aspetto e prego, o almeno ci provo, non sono mai stato molto bravo in queste cose. È facile chiedere aiuto quando sei con le spalle al muro, è troppo comodo. Sono certo che le mie parole non arriveranno da nessuna parte, sono sbagliate, sono false. C’è della polvere intorno a me, sento che mi sfiora con leggera indifferenza, in fondo tra i due l’intruso sono io. Questo non è il mio posto, non dovrei essere qui.

È stato tutto così veloce, è successo in un attimo, poco fa ero vicino a toccare le stelle con un dito, ora mi trovo nel buio di un abisso senza fondo.
Il pavimento è freddo. Ci appoggio la guancia per trovare un po’ di refrigerio, sento le gote bollenti. La gola secca. Il cuore che batte all’impazzata. Forse è questo che prova un condannato a morte poco prima dell’esecuzione. Non voglio morire, o almeno non così, sarebbe troppo disonorevole, anche per uno come me. Per uno che nella vita ha fatto solo cazzate, questa sa tanto di ciliegina sulla torta.

Già mi immagino i commenti degli amici quando leggeranno la notizia sul giornale, chissà le risate.
E non c’è niente da ridere.

Ora parlano, lui alza subito la voce, lei si difende come una tigre. Cadono insulti come stelle il dieci di agosto, le cose si stanno mettendo male. Continuo a ripetermi che questa è l’ultima volta, ora basta, non voglio più infilarmi in una situazione del genere. Porte che sbattono, urla, piatti rotti, invocazioni profane di  santi e madonne. Forse dovrei intervenire, forse dovrei vivere questa cosa da uomo. Ho deciso, adesso mi faccio avanti, adesso lo affronto.

Poi accade. Lui se ne va’ sbattendo la porta alle sue spalle. Aspetto qualche secondo prima di muovermi. Esco da sotto il letto con gesti goffi, lei mi sta di fronte, mi guarda con sguardo strano.

Mi guardo pure io. Sono in mutande, ma nella concitazione le ho messe al contrario, infatti sembrano un vecchio tanga consumato. Ho indosso una sola calza corta e la maglietta è orrendamente pezzata sotto le ascelle. La tensione gioca brutti scherzi. Cosa mi guarda così a fare ? avrei voluto vedere lei.

“C’è stato un momento in cui avrei voluto gridare in faccia a quel demente che il mio amante era sotto il nostro letto”, mi dice con piglio deciso.

“E io sarei voluto essere al mare a fare i castelli di sabbia”.

“Rivestiti in fretta e vai via, potrebbe tornare da un momento all’altro”.

Mi rivesto alla bell’e meglio, cerco di non guardarla, sono incazzato e ancora spaventato. Quando sono pronto la saluto freddamente.
“Ciao. Per quanto mi riguarda puoi cambiare il letto. Comprane uno col cassettone, non ho più intenzione di nascondermi sotto il letto come un sorcio”.

Con la mano sulla maniglia della porta, mi volto solo un poco per poterla guardare per l’ultima volta, prima di dirle addio.

È bellissima. Ha i capelli lunghi arruffati, sono color del rame. Gli occhi verdi sono un prato di speranza. Il corpo è uno spettacolo, ha più curve di una strada di montagna.
Esco da quella casa con la certezza che non la rivedrò più, sono determinato a cambiare, è ora di far scorrere i titoli di coda su questa storia.

Arrivo alla macchina con un senso di leggera euforia. Mi sento bene, libero.
Accendo il motore, lo spengo.
Prendo il cellulare e scrivo un SMS, lo spedisco in meno di dieci secondi.
Meno di un minuto dopo il telefonino di lei emetterà un lieve bip. Quando leggerà il messaggio troverà le sue parole. Sorriderà, perché in fondo l’amore cos’è se non rabbia, paura, emozione, passione, sogno e ironia.
“Aspetta a cambiare il letto, ma almeno passaci lo swiffer, lì sotto è un disastro”.

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